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Colombia in bici: Taganga - Barranquilla

Il carnevale di Barranquilla è alle porte, ho meno di trenta ore per raggiungere la città e 110 chilometri d’asfalto da percorrere.
Saluto Alex e una volta attaccato il mio carrellino mi alzo sui pedali. Il sole non ha mai smesso di bruciare da quando sono partito, non ho visto uno straccio di nuvola né una goccia d’acqua, ho davvero tanta sete e non ho niente da bere. Scendo dalla sella e comincio ad agitare le braccia nella speranza che qualcuno si fermi, ma nessuno mi aiuta (scoprirò poi che in Colombia è vietato fermarsi sull’autostrada). Con una gola più secca del deserto ed il cappello che gronda sudore raccolto, proseguo pedalando ormai per inerzia, mentre mi maledico di non aver recuperato dell’acqua, maledico questa strada e maledico anche me per essermi messo in sella.
Il carrello è pieno di plastica fino all’orlo e spesso devo fermarmi per recuperare il materiale che perdo. Un pescatore diretto chissà dove, si ferma alla vista della plastica riversata sul manto stradale. Devo avergli fatto impressione visto che mi ha dato due litri d’acqua ghiacciata e due blocchi di zucchero marrone che sembrano saponette. È la panela, un prodotto colombiano a base di canna da zucchero. Ora ho di nuovo le energie per raggiungere questo “benedetto” carnevale.
La baraccopoli della periferia di Barranquilla è già tutta in festa: gruppi di bimbi chiedono un’offerta ai passanti “bloccando” il passaggio con un nastro rosso e tanti sorrisi. Una sorta di pedaggio alla gioia se si pensa d’esser finalmente arrivati al tanto atteso evento.
Trovare un posto dove mettere la tenda non sembra facile, la zona è poco sicura e tutta la periferia è in uno stato di degrado assoluto. Bisogna però sapere che fuori dai centri turistici le città colombiane sono delle enormi baraccopoli, ed è questa la realtà. Non è la piazza colorata dove vediamo ballare donne in abiti classici oppure il suonatore di fisarmonica in posa, bello e sorridente, non sono i punti di interesse dove si va a passeggiare, ammirare e fotografare, nemmeno quelle zone con monumenti ed attrazioni, sicuramente piene di ristoranti con menu in doppia lingua e magari con piatti che di originale non hanno proprio niente.

Il sole è tramontato e ancora non ho trovato un buco dove poter lasciare il mio mezzo. Il carnevale è cominciato da poche ore e la città è una folla di persone, tante, troppe.
Gli unici posti letto che ho trovato hanno raggiunto ormai cifre stratosferiche. Chiedo ad un comando di polizia se posso sostare con la mia tenda nel loro giardino, non è proprio il luogo che desideravo ma senza dubbio sarà sorvegliato. Il poliziotto di turno invece mi dà un nome di un albergo economico, “Hotel Universos”, alle porte della periferia, tra il Nieve e il Chinga, due quartieri con una reputazione per niente brillante. Corro in quest’hotel trascinandomi il carrello che cigola ormai da giorni. La stanza c’è. Il prezzo è di 10 euro a notte e sembra “economico” visto l’evento, ma sorge uno strano problema.

L’addetto alla reception una volta appreso le dimensioni del carrellino mi vieta l’ingresso, giura di non aver due metri quadrati per farmi parcheggiare, quando sul retro dell’hotel hanno un’area sosta per i camion dalle dimensioni enormi. È assurdo.
Propongo di lasciarlo nel salone, lui invece mi consiglia di cercarmi un altro hotel, e lo fa con un’aria da sbruffone. Che stronzo! Insisto a voler parlare con il proprietario ma dopo mezz’ora mi ritrovo un giovane ragazzo, che prova a spiegarmi perché non posso alloggiare li.
≪Te lo dico con calma, noi non vogliamo problemi, vogliamo solo gente che abbia soldi per pagare la stanza in anticipo e documenti in regola≫.
Il mio aspetto completamente trasandato non aveva dato una buona impressione, colpa dell’apparenza, oggi ci si sofferma solo a quella purtroppo. Certo che presentarmi al banco della reception con le mani ed il viso sporco di grasso non dev’essere stata una bella scena. Questo pessimo aspetto non piace a quelli dell’hotel, ma il mio passaporto europeo ed un piccolo mazzetto di banconote gli ha fatto trovare saporita anche la puzza del sudore.

Tags: Colombia

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